Resoconto del Concerto dei Radiohead a Le Capannelle (Roma) del 22/09/2012

Sono stata al concerto dei Radiohead alle Capannelle a Roma, sabato 22 settembre 2012.

E’ stato un concerto davvero bellissimo, anche se l’acustica non era davvero un granché e come posizione rispetto al palco sono rimasta abbastanza indietro.

La scelta dei Radiohead di suonare principalmente pezzi dell’ultimo album avrà fatto storcere forse il naso ai molti affezionati che desideravano ascoltare soprattutto i grandissimi successi, da Creep a No surprises, da Karma Police a All I need. Nessuno di questi pezzi è stato suonato a Roma.

I pezzi nuovi mantengono l’atmosfera che ha sempre caratterizzato le sonorità dei Radiohead, racchiuse in un mondo a parte dove si unisce paradossalmente alla voglia di isolarsi il desiderio di comunicare con l’esterno, come a farsi scudo della propria incapacità per sfidare il mondo. Durante il concerto si crea allora un effetto unico: quello di vedere una distesa enorme di persone uniche, autonome, che però condividono qualcosa insieme.

Il centro catalizzatore di questo flusso di energia collettiva è il palco: una piattaforma complessa che si sviluppa in verticale, come un enorme organismo costituito nella parte alta da una fascia di schermi quadrati, uno sfondo composto da migliaia di luci nella fascia centrale e un’altra dozzina di schermi quadrati che pendono dall’alto, che possono essere orientati in tutte le direzioni e salire/scendere liberamente. Durante il concerto, quindi, il palco si trasforma continuamente: in alcuni momenti gli schermi semoventi compongono il tetto di una scatola che schiaccia la band e la immerge in una luce polare, in altri lo sfondo si trasforma in una colata continua di luci azzurre che simulano acqua mentre gli schermi propongono ciascuno un dettaglio di ognuno dei componenti della band. Anche questa scelta di non concentrarsi sul frontman – Thom Yorke – ma di dedicare lo stesso spazio e attenzione a tutti, ripropone questa idea di entità autonome e ciascuna pari alle altre, che consente al pubblico di scegliere in autonomia cosa guardare, su cosa concentrare la propria attenzione. Non gli si dice cosa guardare, ma si ricrea per certi versi la complessità della natura e della vita reale. Ogni singola persona al concerto ha visto il proprio concerto: quello che ha scelto di guardare.

In questa atmosfera elettronica, ossessiva, circolare, sono state incastonate quattro autentiche perle: Pyramid Song – cantata al pianoforte da un Thom Yorke immerso in un blu oceano – Idioteque in una versione potente e incredibilmente piena di energia, Paranoid Android – dove la connessione tra musica e luci ha toccato forse il suo culmine – e  Exit Music (For a film) cantata con una intensità che ha strappato più di una lacrima.

Nel video di Paranoid Android che proponiamo si può notare una cosa particolare: solitamente ai concerti il pubblico canta insieme al cantante, mentre verso la fine di questo pezzo, il pubblico ha fatto il controcanto, entrando a far parte dell’esibizione come se fosse il sesto membro della band. Ancora una volta l’affermazione di una partecipazione collettiva ad un evento, ma mantenendo la propria identità autonoma.

2 risposte

  1. giuseppe ha detto:

    Concerto bello e all’altezza dei radiohead…La scaletta bella ed è stato bene non riascoltare i vecchi blasonati pezzi…al contrario la location era scarsa, suolo dissestato e acustica mediocre…inoltre alcuni del pubblico pensavano di stare ad una sfilata di moda, addirittura se urtati si infastidivano…anche in questo caso pubblico sufficente o mediocre

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